Appalti e subappalti: l’ultimo girone dell’inferno capitalista
di Diego Bossi
Problema: Giovanni possiede un campo di pomodori, per fare il raccolto ha bisogno di 10 braccianti che gli costano 10 monete per un totale di 100 monete; per risparmiare affida il lavoro a Luca che per 80 monete, utilizzando 8 braccianti pagati 8 monete ciascuno, potrebbe garantire il raccolto ma, per risparmiare a sua volta, si accorda con Marco che con soli 6 braccianti pagati 6 monete l’uno garantisce il lavoro per 60 monete. Quante monete in meno prendono i braccianti assunti da Marco rispetto a quelli che sarebbero stati assunti da Giovanni? Quanto risparmia Giovanni? Quanto si mettono in tasca rispettivamente Luca e Marco?
Un meccanismo infernale
Potremmo pure spiegarlo così il sistema degli appalti e dei subappalti. Ma la lotta di classe non è un problema di matematica: è fatta di lacrime, sangue e sudore! Dei 10 lavoratori iniziali, 4 rimarranno disoccupati e 6 lavoreranno il doppio per guadagnare la metà; Giovanni, senza muovere un dito, risparmierà un bel gruzzoletto e avrà un intero raccolto di pomodori da vendere sul mercato; Luca e Marco, senza curvare la schiena sui campi sotto al sole cocente, faranno anch’essi la cresta sulle spalle dei lavoratori. Questo è il capitalismo, niente di più e niente di meno; e l’appalto della manodopera altro non è che una delle sue facce più crude, un meccanismo infernale, una filiera al ribasso dello sfruttamento, una realtà diffusa e consolidata in tutto l’universo del lavoro: dall’agricoltura all’industria, passando per i servizi e il commercio. Come da nostra consuetudine, cercheremo di analizzare gli aspetti principali del sistema degli appalti da un punto di vista di classe, non tanto per fare informazione in astratto, ma con l’intento di dare consigli utili per l'azione a lavoratori, avanguardie di lotta e attivisti sindacali.
Perché i capitalisti appaltano la manodopera?
Il sistema degli appalti non è un’opzione tra tante per organizzare il lavoro, ma una vera e propria arma che i capitalisti utilizzano nella lotta di classe. Ci sono due fattori principali da prendere in considerazione: il risparmio economico e la deresponsabilizzazione.
Si calcola che il risparmio sulla paga base per le imprese committenti si aggiri in una forbice che va dall’8 al 15%, a questo dobbiamo aggiungere il risparmio sui costi Inail e i contributi Inps. E chi pagherà il prezzo di questo risparmio? Milioni di lavoratrici e lavoratori in appalto, vittime del cosiddetto «dumping contrattuale» (1) lo sanno bene: contratti come il Multiservizi o il Florovivaisti sono tra i preferiti dagli appaltatori perché prevedono salari molto inferiori ai già miseri Ccnl (Contratti collettivi nazionali di lavoro) del parco contratti confederale, per non parlare delle centinaia di contratti pirata che popolano la giungla normativa del mondo del lavoro.
Vi è poi il fattore deresponsabilizzazione: il capitalista committente disconosce i lavoratori in appalto, nonostante spesso lavorino a fianco coi suoi dipendenti diretti e svolgano mansioni all’interno del processo produttivo. Così il «dumping» diventa totale: contrattuale, salariale, di sicurezza e salute, ecc. Andiamo a vedere più nello specifico le conseguenze degli appalti sui lavoratori.
I figli di un dio minore
Non è necessario essere degli attivisti sindacali per conoscere le condizioni di lavoro dei lavoratori in appalto, poiché la loro realtà è ormai prevalente e diffusa ovunque, a tal punto da poterci permettere di dire che la condizione dei lavoratori in appalto è la condizione generale dei lavoratori. Stretti tra la morsa della fame e il perenne ricatto del non rinnovo di un contratto a termine che non diventa mai indeterminato, le condizioni di questi lavoratori rasentano lo schiavismo.
Dal punto di vista economico percepiscono centinaia di euro in meno rispetto ai già scarsi minimi tabellari del Ccnl di pertinenza, non solo, come dicevamo sopra, il Ccnl di pertinenza se lo sognano: qui siamo alla vera e propria anarchia della retribuzione, dove ammanchi immotivati in busta paga sono all’ordine del giorno.
Dal punto di vista normativo la situazione non migliora: ferie o permessi retribuiti forzati in caso di mancanza di lavoro, primi tre giorni di malattia non pagati o sottopagati, norme di sicurezza quotidianamente infrante, orari di lavoro alla bisogna del padrone, reperibilità non pagata, Dpi (guanti, scarpe antinfortunistiche, otoprotettori ecc.) pagati di tasca propria; e chi vigila sulle loro condizioni di salute e sicurezza? Il committente se ne lava le mani, l’appaltatore fa spallucce, non vuole «intoppi», ha sottoscritto un contratto d’appalto che gli impone di garantire un determinato servizio per una determinata somma di denaro: deve rientrare nei costi! Insomma una situazione disumana e insostenibile che impone una risposta ferma e decisa della classe operaia!
Qualche consiglio per contrastare il lavoro in appalto
Proviamo ora, senza la pretesa di dare indicazioni definitive ma, al contrario, con l’intento di iniziare una discussione aperta che vorremmo proseguire confrontandoci coi lavoratori, ad abbozzare alcuni consigli sulla base di una visione di classe e della nostra esperienza di lotta: 1) le leggi che permettono l’appalto di manodopera sono leggi antioperaie approvate da un parlamento borghese, quindi non ci interessa che l’appalto sia legale: si tratta di una legalità contraria agli interessi dei lavoratori e va combattuta; 2) rifiutare la narrazione del «padrone buono» coi «suoi» lavoratori e del padroncino della cooperativa cattivo: sono entrambi nemici di classe dei lavoratori, la relazione che c’è tra l’appaltatore e il committente è la stessa che c’è tra un assassino e il suo mandante, dove il mandante, dal punto di vista politico, rimane il primo responsabile; 3) i lavoratori del committente e dell’appaltatore devono unirsi nella lotta e rifiutare ogni logica divisiva che li indebolirebbe entrambi: i padroni appaltano anche per dividere, indebolire e controllare i lavoratori; 4) i lavoratori del committente devono farsi maggiormente carico dei loro colleghi in appalto perché questi ultimi sono meno tutelati e più esposti alla repressione; 5) in generale, e comunque in ogni contesto possibile, opporsi alle esternalizzazioni e rivendicare l’internalizzazione, intesa come l’assunzione diretta dal committente, unica parola d’ordine in grado di unire nella lotta i lavoratori dipendenti diretti e i lavoratori sotto cooperativa.
Non appaltiamo la lotta di classe a chi l’ha tradita!
È importante ricordare che le direzioni dei sindacati confederali hanno delle responsabilità pesantissime: di fronte alle leggi che negli ultimi decenni, per mano di dei governi borghesi di ogni colore, hanno precarizzato i lavoratori e liberalizzato gli appalti, non hanno organizzato una lotta di opposizione radicale necessaria ad arginare questi attacchi. Né si degnano, pur avendo una presenza diffusa nei luoghi di lavoro, di coordinare e unire i lavoratori del committente e dell’appaltatore (e il settarismo dei sindacati di base non aiuta a colmare questo vuoto!).
Oggi più che mai è necessaria una politica sindacale di classe che veda i lavoratori protagonisti nella difesa delle loro condizioni di lavoro, una lotta che avanguardie, attivisti e delegati potrebbero dover fare anche in scontro coi loro apparati sindacali, costituendo organismi paralleli di democrazia operaia come comitati e collettivi di fabbrica. Solo così, coi lavoratori uniti nella lotta, potremo difenderci in modo efficace e avanzare con le nostre rivendicazioni.
Note
(1) Per «dumping contrattuale» si intende l’inquadramento del lavoratore in contratti nazionali che prevedono condizioni retributive e normative peggiori rispetto al contratto di pertinenza.