Sulle pensioni i ministri liberaldemocratici convergono su un punto: aumento dell’età pensionabile e taglio dei rendimenti pensionistici, attraverso la revisione dei coefficienti.
Il ministro dell’Economia, Padoa Schioppa, ha chiesto “equilibrio della spesa pensionistica con lo scalone e con i coefficienti”, e che siano acquisiti gli aumenti dei contributi previdenziali per i lavoratori dipendenti (0,30%) e per i lavoratori a progetto.
Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha avanzato una proposta “definitiva e strategica”: invece dello scalone di Maroni (che innalza a partire dal gennaio 2008 l’età pensionabile a 60 anni) propone gli scalini ascensionali. I democratici Lamberto Dini e Tiziano Treu, la radicale Emma Bonino vorrebbero che le donne lavorassero fino a 65 anni, il laico Enrico Borselli non fa distinzioni di sesso, “bisogna alzare l’età pensionabile” per tutti.
Anche i quattro ministri della sinistra di governo (Prc, Pdci, Verdi, Sd) hanno detto la loro richiamandosi al programma elettorale. La loro lettera “aperta” ha ricevuto disponibilità all’ascolto da Prodi, richiami al metodo da Marini e Damiano (“il consiglio dei ministri è il luogo del confronto”) e al merito da Rutelli (“sulle pensioni non si scherza”). Ma è il gioco delle parti.
Lo smantellamento del sistema pensionistico pubblico è un processo iniziato nei primi anni Novanta e fortemente voluto dai poteri forti, industriali e finanziari: dalla Banca centrale di Francoforte, alla Banca d’Italia. La pensione pubblica va ridotta in favore della pensione complementare (Fondi pensione) ha dichiarato il governatore Draghi in questi giorni: proprio a fine giugno metteranno le mani sul Tfr dei lavoratori, con il meccanismo truffaldino del silenzio-assenso, grazie al sostegno attivo della burocrazia sindacale.
Nell’arco di un decennio, governi e poteri forti hanno realizzato l’innalzamento progressivo dell’età pensionabile e la modifica del sistema di calcolo del rendimento pensionistico: si è passati infatti dal sistema retributivo che assicurava un rendimento pensionistico di circa l'80% dell’ultimo salario, al sistema contributivo che abbassa i rendimenti a livelli da fame.
Di fronte alla “disponibilità” all’aumento dell’età pensionabile espressa dal segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, e alle "aperture" di Epifani, riteniamo insufficiente la richiesta di sospendere la trattativa avanzata da Giorgio Cremaschi, a nome della Rete 28 aprile, a Cgil, Cisl e Uil.