Partito di Alternativa Comunista

Lo sciopero a oltranza al cargo di Malpensa: una lotta che riguarda tutta la classe lavoratrice

Lo sciopero a oltranza al cargo di Malpensa:

una lotta che riguarda tutta la classe lavoratrice

 

 

 

Dipartimento sindacale del Pdac

 

 

Si è conclusa, dopo cinque di sciopero consecutivi, cioè quattro giorni oltre i limiti imposti dalla legge antisciopero (la 146) sui cosiddetti «servizi essenziali», la lotta dei lavoratori di Mle (Malpensa Logistica Europa), società del gruppo Bcube Air Cargo – una delle due principali aziende di cargo in Italia, operante sugli scali di Milano, Roma e Venezia. Questa lotta straordinaria, che ci rimanda agli scioperi a oltranza del trasporto pubblico locale del 2013 a Genova e del 2007 a Milano, si è potuta sviluppare e ha resistito per cinque giorni grazie alla determinazione e all’unità dei lavoratori, che nella quasi totalità si sono astenuti dal riprendere il lavoro fino a quando non si è arrivati a un accordo, nonostante le minacce dell’azienda e dei sindacati confederali. Cosa è successo? come si è arrivati a questa mobilitazione e perché è così importante?

 

Una vertenza nata dalla lotta per il rinnovo del Ccnl

La lotta che ha portato a questo sciopero si sta sviluppando nei fatti da quasi due anni, da quando, cioè, i sindacati di base hanno cominciato a scioperare unitariamente per il rinnovo del Ccnl trasporto aereo sezione handlers (1), scaduto allora da sei anni. L’unità d’azione dei sindacati di base è stata fondamentale per lo sviluppo della lotta, e si è ottenuta perché le sigle presenti a Malpensa (Cub, Usb, Flai e Adl) venivano da una lotta unitaria molto importante per questo scalo: questo ha portato a degli scioperi realmente nazionali. Ognuna di queste sigle è presente in aeroporti in cui sono assenti le altre, e così hanno potuto scioperare unitariamente lavoratori di diverse sigle e diversi aeroporti (Milano, Bergamo, Verona, Venezia, Bologna, Pisa, Napoli, Catania, Palermo tra i principali).
Un anno e mezzo di scioperi ha costretto Cgil-Cisl-Uil-Ugl, che volevano firmare in sordina con le aziende con pochi spiccioli, a cominciare a muoversi per evitare che la situazione sfuggisse loro di mano. I sindacati di base sono riusciti per una volta a non mettere in contrapposizione i lavoratori, pianificando gli scioperi anche quando li dichiaravano i confederali, senza settarismo. Gli aspetti del rinnovo – 1.150 euro di una tantum in welfare aziendale per un contratto scaduto da sette anni, e circa 200 euro di aumento spalmati su 3 anni e legati alla presenza a fronte di una perdita di potere d’acquisto di circa 300 euro – hanno creato problemi anche all’interno della base dei confederali, con le delegazioni territoriali lombarde di Cgil e Cisl che hanno abbandonato il tavolo negoziale subito prima della conclusione dell’accordo.
Dopo la firma a fine ottobre 2023 il testo è stato nascosto ai lavoratori per più di tre settimane e nessuna consultazione della base è stata fatta dalle sigle confederali. Questo non ha fermato la mobilitazione dei lavoratori organizzati coi sindacati di base, che hanno indetto un ulteriore sciopero nazionale a novembre e aperto delle vertenze territoriali per ottenere delle integrazioni a livello aziendale al Ccnl appena rinnovato. L’altissima adesione a questo sciopero ha permesso l’inizio di una nuova fase della lotta.

 

Il cargo di Malpensa guida la lotta

La punta di diamante della mobilitazione fin dall’inizio è stato il settore cargo di Malpensa: un settore prettamente operaio, in cui i paletti della legge 146 contro gli scioperi erano meno stringenti di quelli legati al trasporto passeggeri, e con aziende importanti da centinaia di dipendenti. Anche qui, la forza del sindacato di base non era casuale, ma veniva da anni di lotte per condizioni normative e salariali a favore degli operai, lotte che hanno permesso ad esempio di eliminare completamente le cooperative da Malpensa, che sappiamo essere uno dei principali strumenti odierni di sfruttamento e divisione dei lavoratori.
Dopo lo sciopero di novembre, Alha – l’altra principale azienda di cargo in Italia – decide di firmare con i soli sindacati di base un accordo integrativo per lo scalo di Malpensa, concedendo diverse migliorie ai propri dipendenti rispetto al Ccnl appena rinnovato: 2.100 euro di una tantum, il calcolo delle maggiorazioni sulla base della paga attuale (2), un anticipo sugli aumenti contrattuali previsti, buono pasto a 8 euro, giorni di permesso retribuito aggiuntivi in base all’anzianità. Si è trattato di un colpo talmente potente inferto alla contrattazione appena effettuata, nonché al monopolio della rappresentanza di Cgil-Cisl-Uil-Ugl, che l’associazione «datoriale» (cioè padronale, Assohandlers) ha deciso di espellere Alha, che fino a poche settimane prima era quella che aveva gestito la contrattazione con i sindacati confederali. Qualche settimana dopo anche Wfs, altra azienda minore del cargo, ha firmato lo stesso accordo.
Nell’ambito delle procedure di raffreddamento previste dalla legge 146, si sono tenuti degli incontri in prefettura con le aziende e i sindacati confederali, con le prime che si rifiutavano di aprire un qualsiasi tavolo perché il Ccnl era appena stato rinnovato, e i secondi che rifiutavano nel merito l’accordo sottoscritto dai sindacati di base.
Ma non c’era più nulla che potesse fermare la mobilitazione: forti del contratto appena imposto in Alha, i lavoratori Mle (che già prima avevano condizioni peggiori di quelle garantite in Alha) hanno deciso di scioperare per ottenere tutto quello che era stato concesso ai loro colleghi che lavorano solo qualche magazzino più in là. E così, durante la giornata di sciopero del 9 febbraio, in cui vi è stata un’adesione totale dei lavoratori allo sciopero, è stata votata dall’assemblea dei lavoratori lo sciopero a oltranza fino ad ottenere integralmente quanto già ottenuto dagli altri lavoratori.

 

Contro tutti, ma non da soli

I lavoratori di Mle si sono trovati contro tutti: contro la loro azienda, che sta cercando di spostare crumiri da Roma e Venezia per lavorare nei magazzini (che continuano a rimanere sostanzialmente vuoti) e che ha mandato negli scorsi giorni circa 200 lettere di contestazione (via WhatsApp!) ad altrettanti dipendenti, cercando di disgregare l’unità del gruppo e far fallire lo sciopero. In aiuto all’azienda, come ormai troppo spesso avviene, ci sono i funzionari dei sindacati confederali, che non solo hanno mandato messaggi minatori dopo la prima giornata di sciopero, ma, dopo l’arrivo delle lettere di contestazione, hanno contattato singolarmente alcuni lavoratori, proponendogli di rientrare al lavoro (e fare la tessera con loro!) con la promessa che la contestazione sarebbe stata stralciata. Oltre a questo, girano messaggi di cosiddetti sindacalisti di Venezia che cercano crumiri da mandare a Malpensa in cambio di favori economici da quantificare (nemmeno sono in grado di comprare bene i crumiri…) e promettendo di ridurre i licenziamenti previsti (!) in cambio dell’azione di crumiraggio da parte di «3-4-5 persone disposte ad andar a lavorare a Mle… non chissà che numeri!».
Anche le altre aziende di Malpensa, una volta compresa la posta in gioco, hanno cercato di andare in aiuto di Mle: nonostante la mancanza cronica di personale hanno chiesto straordinari ai propri dipendenti per coprire il lavoro sotto i voli cargo. Anche qui si è trattato di una mossa disperata, più tesa a creare paura tra i lavoratori che non ad avere un contenuto pratico: i voli non venivano caricati dai magazzini, quindi al massimo partivano vuoti, perché nessuno sostituiva il personale scioperante che prepara la merce.
E da ultimo si sono trovati contro le istituzioni: Enac (Ente nazionale per l’aviazione civile, espressione del ministero dei trasporti) e Prefettura, come noi sappiamo perfettamente e come hanno sperimentato i lavoratori sulla propria pelle, non sono enti «terzi» che mediano tra le parti, ma sono enti che si muovono a «garanzia» degli interessi delle aziende, con la minaccia della forza repressiva dello Stato messa al servizio dei profitti: il loro ruolo è stato determinante per far finire la lotta senza che i lavoratori potessero ottenere tutte le loro richieste.
Ma i lavoratori Mle non sono stati soli: oltre al sostegno degli altri lavoratori aeroportuali di Malpensa e Linate, hanno ricevuto la solidarietà degli aeroportuali di tutta Italia, dei lavoratori di altre categorie e anche di delegazioni di studenti. Nel pomeriggio del 12 febbraio si è tenuta una grande assemblea di solidarietà per dare forza a una lotta che deve diventare una scintilla per la ripresa della lotta di classe in tutta Italia. I compagni del Pdac, oltre ad essere presenti come lavoratori del settore, hanno portato anche la solidarietà degli operai della Pirelli (3).

 

La conclusione dello sciopero e le prospettive

Tutta questa frenesia e virulenza da parte di sindacati, aziende e istituzioni era dovuta all’altissima posta in gioco. Perché la posta in gioco era il modello attuale di contrattazione collettiva nazionale, gestito in monopolio dai sindacati confederali, che va a tutto favore delle aziende e in generale la politica conciliativa delle direzioni di Cgil-Cisl-Uil-Ugl. La posta in gioco era la legge antisciopero 146/90, che sconfitta una volta non avrebbe più lo stesso potere deterrente nei confronti delle lotte dei lavoratori. E, ovviamente, erano in gioco i profitti dei padroni e la dignità dei lavoratori. È bene ricordare che nel 2023 si è battuto ogni record di traffico aereo precedente. Le rivendicazioni dei lavoratori del settore sono assolutamente legittime e potrebbero essere soddisfatte non solo a Malpensa, ma in tutti gli aeroporti.
La lotta dei lavoratori Mle era difficilissima e si è scontrata contro un muro che si è rivelato insormontabile per i lavoratori: nessuna apertura da parte dell’azienda, che si è dimostrata disposta a perdere tutto pur di non cedere alle rivendicazioni dei lavoratori; l’opposizione netta di Cgil-Cisl-Uil-Ugl (convocati dal prefetto nonostante non avessero nessun ruolo nella lotta in corso), che hanno escluso qualsiasi tipo di accordo sui punti qualificanti richiesti dai lavoratori; la pressione delle istituzioni, che minacciavano sanzioni penali contro i lavoratori e lo sgombero forzoso dei manifestanti. L’accordo raggiunto dai sindacati di base in questa situazione ha ottenuto solo due delle rivendicazioni dei lavoratori: il riconoscimento del buono pasto da 8 euro e il ritiro di tutte le sanzioni contro i lavoratori scioperanti; tutto il resto verrà lasciato a una contrattazione di secondo livello gestita verosimilmente dai sindacati confederali, escludendo quindi i sindacati che hanno condotto la lotta, gli unici che rispondono direttamente alla volontà dei lavoratori espressa democraticamente. L’assemblea dei lavoratori, dopo ampie discussioni, ha infine approvato il verbale di accordo, pur sapendo che togliendo il presidio la loro forza contrattuale si sarebbe di molto ridotta. Si tratta di una vittoria solo parziale, soprattutto viste le aspettative con cui i lavoratori Mle si erano mobilitati, ma rimane comunque un importante passo avanti nel quadro generale della lotta di classe in Italia.
Da questa vertenza tutta la classe lavoratrice italiana deve trarre tre importanti lezioni: solo così questa lotta potrà portare in futuro vittorie più consistenti per la nostra classe contro governo e padroni. La prima lezione è che, se i lavoratori sono uniti, se si lavora per creare dei rapporti di forza favorevoli in ogni posto di lavoro, non c’è legge repressiva che possa colpire i lavoratori: dopo cinque giorni di sciopero, quattro al di fuori delle regole, i lavoratori hanno ottenuto qualche risultato e non hanno subito nessuna rappresaglia. Sconfiggere, uniti, la 146 e le limitazioni al diritto di sciopero è possibile ed è l’unico modo con cui i lavoratori possano far valere le proprie rivendicazioni.
La seconda lezione, legata alla prima, è che per poter unire i lavoratori è necessario superare le differenze e le divergenze tra i sindacati, ed è quindi necessario creare un’unità d’azione basata su una piattaforma di lotta: non l’unità fine a sé stesse, ma l’unità per lottare. E dove vi sono lavoratori iscritti ai sindacati confederali, ma che vogliono lottare, bisogna creare dei comitati di lotta e di sciopero, in modo da coinvolgere tutti i lavoratori nella lotta in prima persona, superando gli steccati sindacali e l’opposizione dei burocrati. L’organizzazione autonoma dei lavoratori, così come la democrazia operaia nelle lotte, è fondamentale per far avanzare tanto la coscienza dei lavoratori quanto la lotta stessa.
La terza lezione, forse quella più importante, è una lezione in negativo. Quello che è mancato alla lotta Mle non era relativo alla lotta in sé, ma al contesto in cui si è sviluppata: per vincere, una lotta che affronta padroni e governo uniti, può vincere – per quanto i lavoratori possano essere determinati – solo nel quadro di una situazione di mobilitazione generale dei tutti i lavoratori. Purtroppo, oggi le lotte in Italia restano frammentate, soprattutto per colpa delle burocrazie sindacali confederali e spesso anche per i limiti del sindacalismo di base. Ovviamente le lotte non devono aspettare una congiunzione astrale favorevole per svilupparsi, anche perché l’esempio è fondamentale in questo campo: ogni lotta può diventare la scintilla per far esplodere la lotta anche in altri settori. Ma è fondamentale cominciare a operare fin da oggi nella prospettiva dell’unità e della necessità della sistematica estensione delle lotte a livello nazionale e intercategoriale, anche portando ai lavoratori l’esempio della lotta del cargo di Malpensa.
Il Partito di alternativa comunista, oltre a citare come esempio i lavoratori Mle e a essere stato al loro fianco nella lotta, avanza questa prospettiva di estensione del conflitto in tutti i settori della classe lavoratrice. Solo l’unità di tutta la classe operaia può battere i padroni e i loro governi, che sono uniti per schiacciarci con l’appoggio dei loro agenti negli apparati burocratici dei sindacati. Da rivoluzionari, il nostro compito è portare in ogni dove la scintilla della lotta di classe, e in questo chiediamo l’aiuto di ogni lavoratore cosciente dell’importanza e della necessità di questo compito.

 

Note

  1. Gli handler sono le aziende che offrono servizi di terra alle compagnie aeree. Si applica sia alle aziende che si occupano di trasporto passeggeri che di trasporto merci.
  2. Per le altre aziende la paga di riferimento per il calcolo delle maggiorazioni, una voce importante per un lavoratore turnista, è quella del 2016.
  3. Per leggere i comunicati dello sciopero e della lotta, nonché gli interventi in solidarietà, si possono consultare il sito (www.frontedilottanoausterity.org) e i canali social del Fronte di lotta No Austerity.

 

 

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