8 marzo 2012: non c’è nulla da festeggiare per le lavoratrici
PER LA DIFESA DEI DIRITTI DELLE DONNE
RESPINGIAMO I PIANI D’AUSTERITA’ DEI GOVERNI!
In Italia, secondo alcuni dati statistici, le donne percepiscono in media una retribuzione inferiore del 20% a quella degli uomini. Questo divario è ancora più evidente nel caso delle lavoratrici immigrate. Inoltre, il tasso di disoccupazione e di precarietà delle donne è più alto di quello degli uomini. Non solo: in questi anni sono state soprattutto le donne a subire gli effetti più pesanti della moltiplicazione dei contratti precari. Dal "pacchetto Treu" (varato da un governo di centrosinistra, col voto a favore anche dei parlamentari di Rifondazione comunista) alla legge Biagi, le donne lavoratrici hanno visto progressivamente erosi i diritti conquistati con le lotte degli anni Sessanta e Settanta: dalla maternità retribuita ai congedi parentali, fino alla stessa garanzia di non essere licenziate in caso di maternità.
Oggi le donne subiscono una forte discriminazione nel mercato del lavoro: la forza-lavoro femminile è considerata di seconda qualità rispetto a quella maschile e per questo il fatto stesso di essere donna comporta una riduzione dei diritti.
Al contempo, l’allungamento dell’età pensionabile anche per le donne, che dovranno lavorare fino alla soglia dei 70 anni di età, svela l’ipocrisia della tanta declamata importanza della famiglia e del ruolo sociale della maternità, sbandierata, in concerto con i vertici della Chiesa cattolica, dai partiti sia di centrodestra che di centrosinistra in campagna elettorale.
I piani di austerità dei governi europei prevedono, su mandato della troika (Commissione europea, Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale), pesantissimi tagli ai servizi pubblici. Questo comporta privatizzazioni degli asili, smantellamento dei consultori pubblici (che sempre più spesso vedono la presenza al loro interno di associazioni cattoliche che fanno pressioni psicologiche e offrono aiuti economici temporanei alle donne che decidono di non abortire), smantellamento dell’istruzione pubblica di ogni ordine e grado, dismissione delle già poche strutture pubbliche a tutela degli anziani. Tutto questo comporta un ulteriore aggravio sulle spalle delle donne, sulle quali ricade la cura dei figli e spesso anche la cura degli anziani. Lo smantellamento dei servizi pubblici va di pari passo con l’inasprimento dell’oppressione delle donne, soprattutto delle donne immigrate, che subiscono una tripla oppressione: sfruttamento sui luoghi di lavoro, discriminazione di genere e discriminazioni razziali.
Per questo l’8 marzo è anzitutto un’occasione per ribadire la necessità di lottare contro il sistema capitalista. Senza la partecipazione effettiva delle donne (che rappresentano la metà della forza-lavoro nel mondo) non c’è la possibilità di organizzare la risposta di massa e di classe agli attacchi dei governi borghesi. Il Pdac, sezione italiana della Lega internazionale dei lavoratori, fa appello a tutte le donne lavoratrici ad organizzarsi, a scendere in campo nella lotta e a costruire la direzione internazionale delle lotte nella battaglia per il rovesciamento del capitalismo e per una società socialista.
Che la crisi la paghino i capitalisti!
In difesa dei diritti delle donne: no ai piani di austerità!
No ai tagli dei servizi pubblici!
Contro la disoccupazione: riduzione della giornata lavorativa senza riduzione di salario!
Parità di salario per le donne!
Basta violenze contro le donne!
Aborto libero e gratuito! Gratuità degli anticoncezionali per tutte le donne!
Fuori le associazioni religiose contro la legge 194 dai consultori e dalle scuole!